Da qualche settimana si sono moltiplicati annunci, webinar, newsletter e articoli che parlano del “patentino per l’uso dei diisocianati”, rivolti ad imprese e professionisti nel settore edile, del legno, della verniciatura ecc. Il messaggio comune è che, dal 24 agosto 2023, per continuare ad acquistare e utilizzare prodotti che contengono diisocianati in concentrazione uguale o superiore a 0,1% serve un apposito corso chiamato appunto patentino.
Moltissimi addetti davanti a questa affermazione hanno storto il naso pensando: “come posso avere bisogno di un patentino se sono anni che già lavoro con questi prodotti?”
Come sempre cerchiamo di fare chiarezza.
Cosa sono i diisocianati?
Il termine rappresenta un insieme di sostanze chimiche molto reattive che vengono impiegate in tanti prodotti per la loro capacità di legare e conferire resistenza ai materiali. Si trovano infatti in molti adesivi, sigillanti, vernici, isolanti e schiume poliuretaniche.
Cosa dice la normativa?
Il Regolamento UE 2020/1149 ha previsto delle restrizioni sul commercio e sull’uso di prodotti che contengono questa categoria di sostanza chimiche. Il motivo è legato alla tutela della salute degli operatori: infatti nel tempo si è visto che i diisocianati, anche se molto utili, sono responsabili di sensibilizzare sia le vie respiratorie che la pelle. In altre parole, il lavoro a contatto con questi prodotti espone gli addetti a rischi concreti per la propria salute, che si manifestano con forti infiammazioni e irritazioni capaci di diventare poi patologie croniche come nel caso dell’asma.
Le autorità tedesche nel 2016 hanno sottoposto una prima segnalazione all’agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) dopo aver raccolto dati che riportavano oltre 5.000 nuovi casi di malattia professionale ogni anno legata a questi prodotti nel territorio UE. Dalle evidenze scientifiche raccolte la Commissione Europea ha quindi emanato il Regolamento contenente le restrizioni.
Che cosa dobbiamo fare dal 24 agosto 2023?
Per i motivi sopra riportati, la norma ha stabilito che dal 24 agosto 2023 i diisocianati non si potranno usare a meno che:
la concentrazione nel prodotto sia inferire allo 0,1% in peso
oppure
il datore di lavoro o lavoratore autonomo garantisca che gli utilizzatori abbiano completato la formazione sull’uso sicuro dei diisocianati prima di impiegarli
Come vedete la parola “patentino” non compare da nessuna parte e non rappresenta al meglio il senso di tutta la questione: il corso non insegna ad usare i prodotti dal punto di vista dell’applicazione e della tecnica, serve invece a capire bene come lavorare a contatto con queste sostanze proteggendosi dagli effetti negativi sulla salute!
Tutti gli interessati potranno quindi per prima cosa verificare se effettivamente corrono questo rischio dalle schede di sicurezza dei prodotti normalmente impiegati, e poi valutare il da farsi di conseguenza.
“fatico ad addormentarmi al pensiero che domani dovrò tornare a lavoro”
“di solito pranzo rimanendo nella mia postazione così nel frattempo porto avanti il lavoro”
“provo molta ansia perchè ho sempre l’impressione di essere sommerso da scadenze che non posso rispettare”
“ultimamente non sopporto più nessuno, ogni cosa mi fa esplodere”
Almeno una volta nella nostra carriera avremo detto o sentito dire queste frasi, giusto? Certo, i periodi difficili fanno parte del gioco e sentirsi sotto pressione a volte è inevitabile, ma se queste sensazioni e comportamenti diventano una costante, allora abbiamo un problema.
Questo problema si chiama stress lavoro correlato, cioè stress derivante e associato al lavoro svolto, e rientra a pieno titolo tra le problematiche ricomprese nella tutela della sicurezza dei lavoratori. Sì, perchè nelle aziende dove ci sono criticità sotto il profilo del clima organizzativo è statisticamente provato anche un aumento dei fenomeni infortunistici e di assenza per malattia.
Cosa si intende per rischi legati al contesto e all’organizzazione?
E’ importante ricordare, prima di tutto, che una mente sovraccarica e troppo stressata non può essere performante nè innovativa.
Quando in un’impresa si creano confusione e disordine tra funzioni, compiti da eseguire e responsabilità gli effetti negativi sui risultati e sul clima non tardano a farsi sentire. Però spesso la tendenza è quella di constatare i danni senza analizzarne le cause, creando un circolo vizioso fatto di caccia al colpevole, tensione e ulteriore confusione che porterà solo altri problemi a cascata.
Tra gli effetti visibili, a livello aziendale, del mancato controllo di queste criticità possiamo elencare:
alto turnover di personale
aumento incidenza infortuni e assenze per malattia
sanzioni disciplinari frequenti
litigiosità e difficoltà a completare gli obiettivi lavorativi
calo della produttività
aumento dei costi generali di gestione
Gli effetti visibili sul lavoratore invece sono:
tendenza all’assenteismo
difficoltà a concentrarsi, a gestire il carico di lavoro e il riposo
ansia, sensazione diffusa di disagio e possibile depressione
potenziale adozione o peggioramento di cattive abitudini (es. fumo e alcol)
potenziale insorgenza, col tempo, di disturbi sia fisici che psicologici
Appare quindi subito chiaro che prevenire e mitigare i rischi organizzativi oltre a tutelare la salute dei lavoratori serve anche a tutelare quella dell’Impresa.
Quali sono gli errori che portano ad un clima organizzativo fuori controllo?
Chiaramente lo stress lavoro correlato è uno di quei rischi difficili da mappare e gestire, perchè purtroppo è originato da fattori diversi che a volte sfuggono al controllo. Certamente uno degli errori organizzativi più comuni sta nella carente (o a volte proprio assente) pianificazione del lavoro.
In un mondo come quello di oggi, con ritmi sempre più serrati e un bombardamento continuo di stimoli e richieste (oltre a problemi sociali ed economici che costringono tantissime imprese a lavorare sotto organico), molte realtà si ritrovano a vivere le loro giornate accumulando compiti su compiti senza poter stabilire una priorità. Dovendo dare una risposta immediata a tutto, tutto finirà per avere la stessa importanza e ci troveremo a gestire insieme cose che invece potrebbero essere scaglionate, che magari non sono ugualmente necessarie e che potrebbero non richiedere lo stesso grado di impegno ed attenzione.
Il nostro cervello non è programmato per compiere più azioni nello stesso momento, anche se ci sembra di poterlo fare in realtà i processi mentali rimangono comunque una “pila”. Forzandoci a portare avanti tutto insieme o passando freneticamente da un’attività all’altra ci troveremo preso sovraccarichi, stanchi e decisamente confusi.
Un po’ come se al ristorante, per la foga di non far freddare niente e provare comunque tutto il menù, frullassimo insieme tutte le portate dall’antipasto al dolce.
Una vita lavorativa organizzata permette invece ai lavoratori di riempire le “caselle” della propria agenda inserendo anche qualche spazio dedicato ai propri piani personali: nel momento in cui non si deve più essere costretti a “correre dietro alle emergenze”, che in buona parte erano sicuramente figlie della disorganizzazione, rimarrà lo spazio anche per i propri progetti. Non è soltanto questione di tempo recuperato, ma soprattutto di metodo: se tra i compiti da svolgere per conto dell’organizzazione, il singolo individuo si abitua ad inserire regolarmente anche quelli che riguardano sé stesso, avrà modo di portarli a termine nel tempo seguendo una calendarizzazione chiara.
Quindi non siamo in grado di gestire lo stress?
No, il problema non è la nostra capacità di gestire lo stress ma piuttosto la nostra resistenza col passare del tempo. E’ infatti dimostrato che possiamo lavorare intensamente senza accusare sintomi di stress, ma in misura limitata nel tempo; se la disorganizzazione diventa uno stile di vita, gli effetti negativi prima o poi iniziano a presentarsi. A fare la differenza però è soprattutto il senso di controllo sulle proprie attività oltre che il supporto sociale, cioè quel controllo che può derivare soprattutto da una corretta organizzazione.
Ti interessa l’argomento? Questi articoli riportano la testimonianza e le riflessioni di alcuni lavoratori che hanno provato il burnout sulla propria pelle.
Il Decreto n° 81 del 2008, chiamato anche Testo Unico per la Sicurezza sul Lavoro, definisce in modo molto forte un concetto tanto semplice quanto essenziale: per evitare infortuni e prevenire malattie professionali occorre organizzarsi con tutti i mezzi a disposizione.
Molto spesso quando si parla di questi “mezzi a disposizione” si pensa alle cosiddette misure tecniche come la sicurezza dei macchinari o la scelta di sostanze chimiche non pericolose, rischiando di far passare in secondo piano quelle organizzative. Il Datore di Lavoro però, non solo deve organizzare la propria impresa nel migliore dei modi e formare i lavoratori perchè siano consapevoli dei rischi e dei corretti comportamenti, deve anche assicurare la vigilanza sul rispetto di queste regole.
Il concetto della vigilanza interna
Al contrario di quanto si possa pensare, non sono solo le Autorità a vigilare sulla corretta presenza delle misure di sicurezza in occasione dei controlli ufficiali. Una parte integrante della sicurezza aziendale è garantita dalla vigilanza interna, cioè dal fatto che il Datore di Lavoro attivamente funge da controllo.
Quando questo non è possibile il Datore di Lavoro necessariamente si affida ad un Dirigente (per le questioni decisionali) e ai Preposti (per questioni operative).
Il Preposto e le responsabilità
Secondo l’articolo 2 del Testo Unico, “il preposto è la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende l’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa“.
Come si legge chiaramente nella definizione di legge, il lavoratore in questione possiede le competenze professionali e i poteri gerarchici adeguati. Molto spesso infatti gli incaricati a Preposto svolgono mansioni come “capo reparto” o “capo squadra”.
Il lavoratore designato come Preposto ha diritto a ricevere quindi anche una formazione specifica, che si aggiunge a quella che già deve ricevere come lavoratore in quanto tale, così da ottenere tutte le informazioni e la consapevolezza necessarie a sovrintendere l’attività lavorativa sotto il profilo della sicurezza.
Il Preposto è comunque responsabile se non viene ufficialmente incaricato e non frequenta la formazione?
La Corte di Cassazione in più occasioni, chiamata ad esprimersi, ha risposto sì.
Recentemente anche la Sentenza n. 30800 del 09 agosto 2022 ha confermato questa interpretazione. L’imputato che era stato accusato, in qualità di preposto di fatto (cioè preposto anche se non formalmente individuato), di avere adibito il lavoratore a mansioni diverse da quelle per le quali era stato assunto, senza quindi avergli fornito adeguate informazioni, e di avere omessa la dovuta vigilanza durante le fasi di lavorazione, è ricorso alla Corte di Cassazione lamentandosi fondamentalmente di non avere avuta nessuna investitura formale di preposto né di essere stato formato e addestrato per svolgere le relative funzioni, sostenendo altresì che l’obbligo di mettere a disposizione del lavoratore un macchinario sicuro e dotato dei richiesti dispositivi di sicurezza è stato posto dal legislatore a carico del datore di lavoro.
La suprema Corte nel rigettare il ricorso e nell’evidenziare che l’imputato aveva nei fatti svolto le mansioni di preposto, ha precisato che il fatto che un preposto non abbia seguito i corsi di formazione e di aggiornamento previsti dalle disposizioni di legge non può essere ragione di esonero da responsabilità; in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ha inoltre sostenuto, le responsabilità di un dirigente e di un preposto non trovano la propria origine necessariamente nel conferimento di una delega da parte del datore di lavoro, potendo derivare, comunque, dall’investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche di tali figure di garanti.
Con riferimento poi a quanto evidenziato dal ricorrente in merito alle responsabilità del datore di lavoro per avere messo a disposizione del lavoratore una macchina priva dei dispositivi di sicurezza, la Corte di Cassazione ha ribadito uno dei principi fondamentali in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, quello cioè in base al quale, qualora vi siano più titolari di una posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.
Con la legge 215/21 dello scorso 20 Dicembre il Governo ha deciso di stringere la morsa sulle imprese che non rispettano le misure di prevenzione e protezione, anche sulla scia dei tanti incidenti spesso gravissimi o mortali che ogni giorno purtroppo ancora si verificano. Le novità introdotte determinano da una parte un incremento dei controlli sul territorio e dall’altra un inasprimento delle sanzioni in caso di violazioni.
MODIFICHE ALL’ ARTICOLO 18 DEL TESTO UNICO
Questo articolo tratta gli obblighi del Datore di Lavoro, e le modifiche determinano la possibilità di sanzione (compresa la sospensione dell’attività) per i casi di “omessa vigilanza”. Inoltre non sarà prevista alcuna tolleranza per la mancata elaborazione del Documento Valutazione dei Rischi (2.500 €) e per la mancata formazione ed addestramento del lavoratore (300 € per ciascun lavoratore privo). Ricordiamo su questo ultimo punto che la formazione va completata entro 60gg dall’inizio del rapporto di lavoro per tutti i lavoratori senza distinzione di mansione, paga, tipologia o durata del contratto. Anche il lavoro nero sarà duramente punito, con la sospensione dell’attività e l’impossibilità di stipulare contratti con le PA per tutto il periodo della sospensione, quando ci sia il 10% della manodopera irregolare.
INCENTIVATA E SEMPLIFICATA LA SORVEGLIANZA DELLE AUTORITA’ SUL TERRITORIO
E’ stato esteso il potere di vigilanza all’ Ispettorato del Lavoro, che affiancherà quindi i tecnici del Dipartimento di Prevenzione delle ASL nelle attività di controllo in azienda per tutti i settori lavorativi. Sempre a questo scopo verranno assunti nuovi tecnici della vigilanza antinfortunistica nell’Ispettorato e Carabinieri per la tutela del lavoro, così da consentire una maggiore capillarità dei controlli.
NUOVO RUOLO DEL PREPOSTO PER LA SICUREZZA
La figura del preposto, già prevista nel Testo Unico, viene ulteriormente definita e ampliata nella sua importanza. Questi lavoratori dovranno infatti sorvegliare e intervenire concretamente per correggere i comportamenti non conformi alle procedure di sicurezza eventualmente messi in atto dai colleghi, correggendo e istruendoli per prevenire qualsiasi forma di infortunio o malattia associata con il lavoro che potrebbe sopraggiungere nel tempo. A questo ruolo sono infatti associate responsabilità precise in caso di inadempienza, con imputazioni che possono arrivare non solo dalla violazione delle norme ma anche per lesioni o omicidio colposo. Il preposto dovrà quindi essere individuato (e formato) quando il Datore di Lavoro non può assicurare la sorveglianza continuativa sulle lavorazioni, ad esempio per motivi di orario o in caso di imprese con diverse sedi o reparti. Naturalmente è necessario che il preposto sia un lavoratore che possieda capacità professionali e ruolo gerarchico adatti al ruolo.
Consultazione pubblica UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro (2021-2027)
E’ attiva fino al 1 Marzo 2021 la consultazione pubblica, da parte dell’Unione Europea, in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per partecipare è sufficiente rispondere al questionario ufficiale, e i feedback raccolti saranno utilizzati per definire i punti di lavoro del prossimo futuro per accrescere la cultura della sicurezza nell’ambito del territorio UE.
La crisi COVID-19 ha messo in evidenza l’importanza cruciale della salute, compreso l’ambito della salute e sicurezza sul lavoro.
Questa iniziativa si basa sul precedente quadro strategico dell’UE per il periodo 2014-2020 e mira a mantenere e migliorare gli elevati standard relativi a salute e sicurezza per i lavoratori dell’UE. Infatti, anche alla luce delle nuove circostanze che hanno caratterizzato il 2020, una efficace strategia per nuove crisi e pericoli passa attraverso l’accurata gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Questo strumento contribuirà ad individuare obiettivi chiave e definire un quadro strategico atto a incoraggiare la collaborazione tra i paesi e le parti interessate dell’UE sulle priorità comuni.
Fino al 1o marzo possiamo quindi dare un contributo al futuro quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro per il periodo 2021-2027, nel programma Un’Unione vitale in un mondo fragile, partecipando al questionario dedicato.
In particolare, la consultazione mira a ottenere riscontro e contributi da:
enti pubblici nazionali o regionali attivi nel settore della salute e sicurezza sul lavoro (ministero del Lavoro, INAIL, ispettorato del lavoro, ecc.)
datori di lavoro ed organizzazioni dei datori di lavoro (associazioni di categoria, ecc.)
lavoratori ed organizzazioni dei lavoratori (sindacati, ecc.)
altre istituzioni o organismi dell’UE
organizzazioni e cittadini con un interesse o competenze nel settore della sicurezza e salute sul lavoro (istituzioni accademiche, istituti di ricerca, agenzie dell’UE, operatori del settore, enti assicurativi pubblici e privati, organizzazioni non governative ecc.)
Quando si decide di aprire un locale che fa preparazione e somministrazione di alimenti, sono molte le questioni da tenere in considerazione.
Mentre troviamo molto materiale sugli aspetti normativi e burocratici (autorizzazioni, regolamenti da rispettare…), c’è qualcosa che invece viene messo poco in risalto, se non tra gli addetti ai lavori.
Quando parliamo di layout nelle cucine (ma più in generale negli ambienti di lavoro), ci riferiamo allo schema con cui si organizzano gli spazi.
Per prevenzione incendi intendiamo invece il complesso delle attività finalizzata alla prevenzione del
rischio e/o finalizzate ad evitare il sorgere di incendi.
In linea generale quindi, in questo articolo ti daremo indicazioni su come disporre impianti, attrezzature, piani di lavoro e aree di lavoro.
Errori di progettazione e valutazione su questi aspetti possono portare a problemi molto concreti sull’intera attività:
problemi di conformità alle normative vigenti
conseguenze civili e penali in caso di incidenti
difficoltà nel gestire i flussi di lavoro
rallentamento delle linee durante il servizio
costi aggiuntivi e non necessari per “rimediare” alla situazione
Layout cucina: igiene, sicurezza e qualità
Il settore alimentare nel nostro Paese si basa su due punti saldi: la qualità e la sicurezza attraverso la prevenzione.
Ogni Operatore che decide di lavorare in ambito alimentare, sa che dovrà strutturare la propria impresa senza perdere mai di vista questi due aspetti fondamentali (oltre ovviamente a tutto il resto!).
Da dove si parte? Dalla base, ossia dalla tipologia di attività. Con che prodotti andremo a lavorare (carne, pesce…)? Avremo una cucina espressa e artigianale o punteremo su lavorazioni gourmet? Di quante linee di lavoro avremo bisogno (crudo, cotto…)? Rispondendo a queste domande, avremo già un’idea di partenza sullo spazio di cui avremo bisogno, sulla tipologia e le caratteristiche degli impianti e delle attrezzature.
Sicuramente, a prescindere dal tipo di locale, dovremo progettare tutto tenendo conto del concetto “a marcia avanti”.
Uno dei principi di sicurezza alimentare, infatti, sta proprio nella creazione di un flusso lavorativo che sia quanto più possibile unidirezionale, che parta cioè dalla materia prima, passi attraverso le fasi di lavorazione e si chiuda con l’uscita del prodotto pronto.
Per essere rispettato questo presupposto, tutto il layout va realizzato immaginando appunto le fasi di lavoro e i movimenti fisici degli addetti.
Altro aspetto fondamentale, dovremo costruire il nostro locale rendendo il più semplici ed efficaci possibile:
le operazioni di pulizia e sanificazione (scelta dei materiali e delle finiture, riduzione degli spazi inaccessibili…)
il controllo e la prevenzione della presenza di animali indesiderati (insetti volanti e non, roditori…)
Layout cucina: la prevenzione incendi
I luoghi di lavoro si classificano ai sensi dell’Allegato IX del DM 10/03/1998. Attività a rischio incendio medio sono quelle aziende e lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano e si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti (Rif. Tabella A DPR 689/1959) e aziende e lavorazioni che per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori.
Di seguito se ne riportano alcune a mero titolo esemplificativo:
Molini per cereali ad alta macinazione con potenzialità superiore ai 200 q.li nelle 24 ore;
Produzione di surrogati di caffè;
Aziende nelle quali si fa impiego di pellicole infiammabili;
Autorimesse pubbliche;
Attività esercitate in locali costruiti prevalentemente in legno o con solai o scale in legno, nelle quali sono occupati contemporaneamente oltre 15 addetti;
ed altre 56 tipologie…
Attività a rischio incendio basso sono invece quelle tutte le attività non classificabili a medio ed elevato rischio e dove, in generale, sono presenti sostanze scarsamente infiammabili, dove le condizioni di esercizio offrono scarsa possibilità di sviluppo focolai e dove non sussistono probabilità di propagazione di fiamme.
A COSA QUINDI DOBBIAMO STARE ATTENTI?
La zona o locale del ristorante soggetto al controllo dei Vigili del Fuoco potrebbe essere la cucina.
Infatti, potrebbero essere sottoposti ai controlli da parte dei Vigili del fuoco in caso di presenza di un locale cucina provvisto di un impianto di produzione di calore alimentato da combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 116 kW (attività n. 91 del D.M. 16/02/1982).
Quindi la prima cosa da fare per una corretta valutazione, è quella di calcolare la potenza termica complessiva della cucina.
CHE COS’È LA POTENZA TERMICA?
La potenza termica è in buona sostanza la somma della potenza di tutti gli apparecchi termici alimentati tramite combustibile (metano o glp che sia).
In base alla somma di cui sopra, le cucine dei ristoranti si possono suddividere in:
Cucine con portata termica complessiva non superiore a 35 kW(30.000kcal/h): si applica la norma UNI CIG 7129/2015;
Cucine con portata termica complessiva maggiore di 35 kW (30.000kcal/h): soggette all’applicazione della regola tecnica di prevenzione incendi degli impianti termici e per esse di applica il D.M. 12/04/1996 e s.m.i.;
Cucine con portata termica superiore a 116 kW (100.000 kcal/h): si applica il D.P.R. 151/2011, che richiede l’esistenza del “Certificato di prevenzione incendi (prima CPI ora )” unitamente al D.M. 12/04/1996 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici alimentati a combustibili gassosi”.
In ogni caso, a prescindere dall’assoggetabilità o meno ai controlli di prevenzione incendi da parte dei Vigili del Fuoco, se la potenzialità termiche superano la soglia di 35 kW, il titolare è tenuto obbligatoriamente ad osservare la norma di cui al DM 12/04/1996 ” Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l’esercizio degli impianti termici alimentati da combustibili gassosi”.
I REQUISITI ANTINCENDIO DELLE CUCINE
Tale norma fornisce i requisiti che il locale e gli impianti devono possedere:
Almeno una parete, di lunghezza non inferiore al 15% del perimetro della cucina, deve essere confinante con spazio scoperto o con intercapedine ad uso esclusivo;
I locali devono essere dotati di una o più aperture permanenti di aerazione realizzate su pareti esterne; è consentita la protezione delle aperture di aerazione con grigliati metallici, reti e/o alette antipioggia a condizione che non venga ridotta la superficie netta di aerazione;
Le aperture di aerazione devono essere realizzate e collocate in modo da evitare la formazione di sacche di gas indipendentemente dalla conformazione della copertura;
Le superfici libere minime di aerazione vanno calcolate in funzione della portata termica complessiva; a tal fine devono essere sommate le potenzialità di tutti i bruciatori a gas presenti nell’ambiente (fornelli, bistecchiere, friggitrici, forni, ecc);
Le strutture portanti (solai, pilastri e travi) devono possedere resistenza al fuoco non inferiore a R120, quelle di separazione (muri e porte) da altri ambienti non inferiore a REI120; per impianti di portata termica complessiva fino a 116 kW sono consentite caratteristiche R/REI 60;
È consentita la comunicazione con altri locali, pertinenti l’attività servita dall’impianto, tramite disimpegno anche non aerato; in particolare il locale cucina ed i servizi accessori (lavaggio stoviglie, dispensa, spogliatoi, ecc) possono essere considerati facenti parte di un unico compartimento separato, da altri locali pertinenti l’attività servita dall’impianto;
La comunicazione tra la cucina e locali destinati a pubblico spettacolo (ad esempio sala ristorante con musica e ballo), può, invece, avvenire esclusivamente tramite disimpegno (avente muri e porte di caratteristiche certificate REI) aerato direttamente su parete attestata all’esterno, indipendentemente dalla portata termica.
CI SONO ALTRE NORME APPLICABILI AI RISTORANTI?
Inoltre, non dobbiamo scordarci, che indipendentemente dalle norme di prevenzione incendi (applicabili o meno a seguito della potenza termica), la cucina è un luogo di lavoro e quindi ricade pienamente all’interno del campo di applicazione del Titolo XI del Decreto Legislativo N. 81/08 e sucessive modifiche ed integrazioni. Il gestore dell’attività di ristorazione dovrà anche garantire:
Vie di circolazione ed uscite, tali da consentire una rapida e sicura evacuazione delle persone presenti in caso di emergenza;
La verifica periodica dell’efficienza degli impianti, dei sistemi di evacuazione e degli eventuali rilevatori antincendio di fumo e calore;
La segnaletica di sicurezza, l’illuminazione di emergenza, i maniglioni antipanico se l’affluenza prevista è superiore a 100 persone;
L’eliminazione delle barriere architetoniche e realizzare un ambiente sicuro anche per le persone che hanno difficoltà motorie;
Se il locale è usato anche per manifestazioni classificabili come “pubblico spettacolo o intrattenimento” occorre applicare all’esodo le relative norme e chiedere un nulla osta specifico al Comune di compentenza.
IL PUNTO DELLA SITUAZIONE
Per concludere, quindi nel caso in cui l’attività la potenza termica complessiva, supera i 116 kW, rientra nelle attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco, per cui è necessario inoltrare al Comando Provinciale Vigili del fuoco territorialmente competente, una segnalazione certificata di inizio attività (se in categoria A) altrimenti va prima presentato un progetto.
Per farlo è necessario rivolgersi ad un professionista antincendio qualificato secondo l’ex 818-84 ed iscritto alle liste del Ministero dell’Interno, che progetterà tutte le soluzioni da adottare e produrrà tutta la documentazioni e certificazioni necessarie.
Layout cucina: la formula vincente
Per far riuscire al meglio il nostro progetto, non è sufficiente conoscere le normative e avere le competenze necessarie per valutare tutti gli aspetti citati finora.
La formula veramente vincente, consiste nel gestire il progetto in gruppo, mettendo quindi insieme le capacità dei tecnici con quelle dell’operatore che andrà a “dirigere” la cucina in questione.
Con questo lavoro di squadra, sarà possibile ottimizzare tutto il necessario per realizzare davvero un grande progetto, coniugando la sicurezza e la conformità alle normative alle esigenze funzionali dello Staff.
Articolo redatto in collaborazione da: Dott.ssa Sara Giammarini – Biologa Ing. Giuseppe D’Aria
DESIDERI MAGGIORI INFORMAZIONI?
STAI PENSANDO AL TUO LOCALE E
NON HAI ANCORA OTTIMIZZATO IL LAYOUT?
COMPILA IL FORM, VERRAI RICONTATTATO AL PIU’ PRESTO
Con l’arrivo della bella stagione si moltiplicano le occasioni per mangiare all’aria aperta, organizzando pic-nic o grigliate.
Per evitare che queste belle occasioni si trasformino in spiacevoli ricordi, è bene non dimenticare mai le buone regole per garantire la sicurezza degli alimenti trasportati, preparati e consumati all’aperto.
Le chiavi per la nostra sicurezza in questo caso sono la corretta temperatura di conservazione, la corretta separazione degli alimenti non compatibili e la corretta cottura.
TEMPERATURE DI CONSERVAZIONE E TRASPORTO DEI CIBI:
tutti gli ingredienti (carne cruda, latticini, affettati…) e gli alimenti pronti deperibili (sandwich e tramezzini, insalate di riso, macedonie di frutta…) vanno trasportati in contenitori chiusi e puliti, all’interno di borse termiche con siberini (mattonelle ghiacciate).
preparare, quando possibile, gli alimenti già pronti in porzioni per evitare di manipolarli più del dovuto all’aperto.
CORRETTA SEPARAZIONE DEGLI ALIMENTI:
ridurre il più possibile il tempo che trascorre dalla preparazione dei cibi al loro consumo.
prestare attenzione agli utensili ed alle stoviglie per evitare le contaminazioni crociate: ad esempio, è bene usare forchettoni e coltelli diversi per la carne da cuocere e per quella già cotta, così come bisogna evitare di rimettere le porzioni già cotte (verdure, carne, salsicce ecc) nello stesso vassoio o contenitore che abbiamo usato per contenerle prima della cottura.
CORRETTA COTTURA DEGLI ALIMENTI:
assicurarsi che la cottura sia completaed omogenea in tutto lo spessore dell’alimento, specialmente per prodotti come hamburger, polpette, salsicce, spiedini, carne bianca e carne di maiale. Usando il barbecue infatti c’è il rischio che gli alimenti voluminosi si carbonizzino in superficie e restino invece crudi all’interno: questo rappresenta un doppio rischio per la salute, perchè la materia carbonizzata contiene sostanze nocive (ed andrebbe quindi eliminata), mentre l’interno non ben cotto permette la sopravvivenza dei batteri, e quindi possibili casi di infezione o intossicazione alimentare.
Oltre a questi accorgimenti, una volta finito di mangiare è necessario ricordarsi di rimettere nella borsa frigo gli alimenti non consumati senza farli rimanere a lungo a temperatura ambiente, in modo da evitare lo sviluppo dei microrganismi, di fare attenzione alla pulizia delle griglie dai residui delle precedenti cotture, di utilizzare per il fuoco di cottura solamente carbonella o legna secca (non verniciata, o trattata con impregnante).
Infine il gesto più semplice (e forse più importante), da ricordare anche e soprattutto quando siamo fuori di casa: laviamoci sempre le mani prima di maneggiare gli alimenti, quando passiamo dal lavorare alimenti crudi a quelli cotti, dopo aver usato i servizi igienici o utilizzato il nostro smartphone (magari proprio per fotografare la grigliata!).
Tutti i parassiti, in natura, passano attraverso diverse fasi e stadi di sviluppo all’interno di organismi diversi, detti “ospiti intermedi”. L’ultimo stadio avviene in quello che si chiama “ospite definitivo”, in cui il parassita raggiungere l’età adulta, si moltiplica e diffonde nuovi esemplari che seguiranno lo stesso ciclo. …