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Il corso HACCP svolto in una Regione è valido nelle altre?

Il corso HACCP svolto in una Regione è valido nelle altre?

 

Chi lavora nel settore alimentare sa che il Corso HACCP è obbligatorio e negli anni ha sostituito il vecchio Libretto Sanitario. Il Regolamento CE 852/04 ha infatti stabilito che il responsabile aziendale, chiamato Operatore del Settore Alimentare OSA, deve assicurare che i suoi collaboratori siano debitamente formati e addestrati sulle prassi igienico sanitarie. 

Sappiamo ormai bene anche che le modalità organizzative per questi corsi sono definite a livello regionale, perchè in Italia sono le Regioni ad avere competenza sulla formazione professionale.

Per questo motivo molto spesso agli operatori capita di farsi questa domanda: se ho frequentato il corso HACCP organizzato secondo le “regole” di una certa Regione, sarà valido nelle altre?

La risposta a questo dubbio sta nel cosiddetto principio del mutuo riconoscimento. Per dirla in modo semplice,  quando un corso è organizzato in modo conforme ad una Delibera, deve essere considerato valido anche in territori dove si applicherebbe una diversa modalità.

Ovviamente per far valere questo principio è necessario che:

  • il corso sia stato erogato da un Ente accreditato in Regione per la formazione professionale 
  • le modalità organizzative (durata in ore, contenuti, docenti…) siano conformi alla Delibera regionale di riferimento
  • tutte queste informazioni siano riportate nell’attestato rilasciato al corsista

Anche il Consiglio di Stato si è espresso in questo senso con la Sentenza n. 7346 del 24 novembre 2020, intervenendo su un caso che vedeva la Regione Campania contestare la validità di corsi HACCP erogati online da Enti accreditati presso altre Regioni, a causa della mancanza di un esame finale in presenza che invece è previsto appunto dalla Delibera regionale campana.

Il Consiglio ha motivato questa interpretazione non solo ricostruendo l’iter normativo dietro alla questione, ma anche perchè in assenza di questo principio ci sarebbe un ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Il corso HACCP non è infatti un titolo abilitante per lo svolgimento di un mestiere, ma piuttosto uno strumento con cui gli OSA trasferiscono le conoscenze necessarie ai loro collaboratori.
Sarà l’autorità preposta ai controlli, ovviamente, a verificare se tale conoscenza sia stata acquisita attraverso i controlli e le ispezioni sul luogo di lavoro, sia chiedendo le attestazioni che documentino l’avvenuta somministrazione dell’attività formativa, sia attraverso la verifica, in concreto, dell’attività svolta e della sua corrispondenza alle migliori prassi di igiene alimentare.  

Per concludere, affidandosi ad Enti accreditati per la formazione professionale si ha sempre la certezza riguardo la validità degli attestati rilasciati.
Fermo restando che una formazione di qualità oltre ad essere valida deve concretamente trasferire le competenze attese!

Nuovi Decreti Antincendio: cosa cambia da ottobre?

Nuovi Decreti Antincendio: cosa cambia da ottobre?

 

Come già trattato in un precedente articolo, a ottobre del 2021 sono stati ufficialmente pubblicati in Gazzetta i tre Decreti Ministeriali che aggiornano e sostituiscono il vecchio DM 10 Marzo 1998.

I tre testi di legge entrano in vigore ad un anno dalla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e saranno quindi l’unico riferimento valido a partire da ottobre 2022

DECRETO MINICODICE: COSA CAMBIA PER LE AZIENDE?

Fermo restando che il criterio di base per organizzare le dovute misure di prevenzione e protezione resta la valutazione dei rischi, avremo da ora in poi realtà valutate come “a rischio incendio basso” e “a rischio incendio non basso”. Le prime saranno individuate in base ad una serie di requisiti indicati nel Minicodice, e potranno quindi organizzarsi applicando le prassi previste nello stesso.
Tutte le realtà che non risultino “a rischio incendio basso” adotteranno invece le prassi previste, a seconda dei casi, per le attività soggette ai controlli dei VVF o normate da regole tecniche. 

DECRETO GSA: COSA COMPORTA PER AZIENDE E ADDETTI ANTINCENDIO?

Per prima cosa troviamo i riferimenti al Piano di Emergenza: da ottobre 2022 è necessario predisporre il PEE in tutti i luoghi di lavoro con più di 10 lavoratori, oppure nei locali aperti al pubblico con presenza superiore a 50 occupanti, o nelle attività soggette al DPR 151/2011.
Per occupanti si intendono tutte le persone presenti, compresi clienti, ospiti, collaboratori ecc.

Inoltre, in tutte le realtà aziendali dove è necessario predisporre questo strumento, gli addetti devono partecipare a esercitazioni antincendio con cadenza almeno annuale.

Sono quindi delineate in modo chiaro le caratteristiche dei corsi di formazione appositi, che tutti gli addetti antincendio devono frequentare, suddivisi in base alla categoria del rischio aziendale (Attività di tipo 1, 2 o 3).
Sono previste sia la formazione iniziale per i nuovi addetti incaricati, che l’aggiornamento periodico.
In tutti i casi i corsi prevedono alcuni moduli teorici (per i quali è possibile ricorrere alla formazione online esclusivamente in videoconferenza) e delle esercitazioni pratiche, che per i corsi di livello 2 e 3 (ex rischio medio e alto) prevedono anche l’uso di idranti con erogazione di acqua.
Sparisce per i corsi “rischio basso”, che chiameremo ora livello 1, la possibilità di svolgere la parte pratica sugli estintori avvalendosi di supporti audiovisivi come alternativa all’uso reale delle attrezzature.
La norma aggiornata dà quindi molto rilievo all’addestramento pratico degli addetti antincendio, che devono familiarizzare al meglio con gli strumenti da utilizzare in caso di principio di incendio nei locali.

Si conferma poi la necessità di conseguire l’attestato di idoneità tecnica in modo obbligatorio per le attività riportate nell’allegato IV del Decreto.

DECRETO GSA: LE NOVITA’ PER I DOCENTI

Con il nuovo testo vengono definiti in modo molto chiaro i requisiti per poter svolgere l’attività di docenza, e quindi di formazione, nei corsi dedicati agli addetti antincendio.
Viene inclusa la possibilità di abilitarsi come docente per la sola parte teorica, per la sola parte pratica, o per entrambe.

Potranno essere docenti abilitati solo coloro che:

  • dimostrano di aver maturato un’esperienza documentata specifica nell’insegnamento di queste materie 
  • hanno frequentato l’apposito corso tenuto dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, superando il relativo esame
  • fanno parte del personale cessato dal servizio del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, avendo lavorato per almeno dieci anni con ruoli operativi

In ogni caso, nell’arco di cinque anni, i docenti per mantenere la qualifica dovranno frequentare gli appositi corsi di aggiornamento sempre a cura dei Vigili del Fuoco.

Ortofrutta, pescheria, macelleria: sacchetti a pagamento dal 01 gennaio 2018

Ortofrutta, pescheria, macelleria: sacchetti a pagamento dal 01 gennaio 2018

 

Ortofrutta, pescheria, macelleria:
sacchetti a pagamento dal 01 gennaio 2018

Nelle scorse settimane è stata approvata una legge che modifica i requisiti dei sacchetti leggeri fino ad oggi utilizzati nei reparti dei supermercati. Dal primo gennaio 2018, dovranno essere sostituiti con buste biodegradabili e non sarà più possibile cederli gratuitamente.

Sacchetti a pagamento: quali?

sacchetti a pagamento nei supermercati

Tutti i prodotti acquistati al banco nei supermercati, ad esempio nel reparto macelleria, pescheria ed ortofrutta, sono prelevati direttamente dal cliente o ricevuti dal banconista avvolti in un sacchetto di plastica.
Da gennaio 2018 queste buste dovranno rispettare dei precisi standard, e saranno quindi biodegradabili, compostabili, composte dal 40% di materia proveniente da fonti rinnovabili (quota che salirà al 60% nel 2021).
Tutti dovranno rispettare lo standard internazionale UNI EN 13432 e per questo motivo necessiteranno di una certificazione da parte di enti accreditati.
Oltre a questo, dove necessario, le buste dovranno essere dichiarate idonee al contatto con gli alimenti.

La norma, però, prevede che questi sacchetti dovranno essere ceduti solo a pagamento, come già avviene per le shopper che si trovano in cassa.
Non sono state fornite motivazioni a supporto di quest’ultimo aspetto, e ci sono quindi dei malumori tra i consumatori: le nuove buste dovrebbero costare ai supermercati circa 2 centesimi al pezzo, il prezzo al cliente finale non è ancora certo.

Sacchetti a pagamento: ci sono alternative?

La prima soluzione che viene in mente è quella di utilizzare buste e sacchetti portati direttamente dal cliente.
Questa ipotesi, però, presenta alcuni problemi: sacchetti in carta come quelli utilizzati per il pane, o shopper biodegradabili, non sono trasparenti. Il controllo sulla tipologia di prodotti acquistati diventerebbe quindi difficile, se non impossibile, per l’operatore in cassa. Inoltre, utilizzare buste di materiali e grandezze differenti dal tipo standard offerto nel supermercato, rappresenta un problema in termini di taratura da usare per la pesata.

Un’ altra opzione potrebbe essere quella di ridurre il numero di sacchetti a pagamento utilizzati, inserendo prodotti diversi nella stessa busta. Per fare questo, dovremmo però eseguire pesate separate per ottenere i giusti scontrini per ciascun prodotto, ad esempio melanzane e pomodori.

In alcuni casi, inoltre, si potrebbe apporre lo scontrino direttamente sul prodotto: pensiamo ad esempio ad un melone o ad una noce di cocco.
Questa soluzione, però, potrebbe essere adatta solo a prodotti che vanno consumati eliminando la buccia e che hanno delle dimensioni sufficienti per lo scontrino.

In ogni caso, i supermercati saranno chiamati a definire un proprio regolamento in merito, ed i consumatori dovranno quindi attenersi a quello.

UTILITA’:

Comunicato Assobioplastiche

 

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