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L’oliva all’ascolana come la tradizione vuole

L’oliva all’ascolana come la tradizione vuole

 

La tradizione la chiama oliva all’ascolana, l’innovazione la definisce Oliva Ascolana del Piceno ripiena DOP. L’appartenenza alla Denominazione di Origine Protetta, dal 2005, comporta la riservatezza del nome alle sole olive ripiene, prodotte esclusivamente nei comuni delle provincie di Ascoli Piceno e Teramo, e secondo quanto previsto dal Disciplinare di Produzione.

Il legame con il passato

Le prime notizie circa la farcitura dell’oliva ascolana risalgono al 1600, quando venivano riempite di erbe spontanee. La ricetta attuale ha origine nel 1900 e il segreto sta proprio nel ripieno. La sua preparazione viene tramandata da generazione in generazione, di cucina in cucina, da madre in figlia. Con tanta pazienza e precisione le vergare tagliavano via la polpa dell’oliva dal nocciolo senza romperla, selezionavano e cucinavano la carne, riempivano l’oliva al punto giusto, la panavano con farina, uovo e pane vecchio, e la friggevano in tanto olio. Oggi possiamo gustare quelle olive, riprodotte con lo stesso procedimento del passato, ma adeguato alla modernità. 

Procedimento per ottenere l’Oliva ripiena

L’oliva verde viene deamarizzata in salamoia entro 48 ore dalla raccolta. Le carni selezionate per il ripieno devono essere: carne bovina 40-70%, carne suina 30-50%, è consentita carne di pollo e/o tacchino per un massimo del 10%.

La carne tagliata a coltello viene cotta a fuoco lento con cipolla, carota, sedano, olio extravergine di oliva e/o strutto, eventualmente burro, vino bianco e sale. Terminata la cottura, la preparazione viene triturata ed aggiunti noce moscata, uova (2-4 per kg di impasto) e formaggio stagionato grattugiato (non più di 100 g per kg di impasto).

preparazione olive ascolane

 Una volta amalgamato il tutto le olive, preventivamente denocciolate possibilmente a coltello, vengono riempite con l’impasto, panate e fritte. La panatura consiste nel passare le olive ripiene prima nella farina, poi nell’uovo battuto ed infine nel pangrattato. Il prodotto finito deve contenere almeno il 40% in peso dell’oliva denocciolata (significa che su 100 g di prodotto, troviamo 40 g di oliva denocciolata e 60 g tra ripieno e panatura) ed 1 kg totale di olive ripiene devono contenere da 65 a 95 unità.

Caratteristiche delle olive ascolane al consumo

oliva ascolana

L’oliva deve avere una forma leggermente allungata e irregolare; devono essere ben visibili aree verdi dell’oliva; alla rottura la panatura deve rimanere aderente all’oliva, con l’impasto all’interno ben compatto. L’odore deve essere di media intensità con note fruttate di oliva verde e speziato. Il prodotto, consumato fritto, deve risultare croccante all’esterno per la panatura e l’oliva, e tenero all’interno per il ripieno. Il sapore è delicato con un retrogusto più o meno amaro. 

panatura oliva ascolana

Logo e Denominazione di Origine Protetta

Il nome della denominazione di origine protetta “Oliva Ascolana del Piceno ripiena” deve essere riportato in etichetta con caratteri chiari e ben visibili. Il logo rappresenta un’oliva tagliata orizzontalmente da tre linee ondulate, due foglie all’estremità, unite da un rametto. Nella faccia del parallelepipedo è riportata l’immagine di un castello su trama travertino. Il logo può essere riprodotto in qualsiasi colore o combinazione di colori.

consorzio tutela oliva ascolana picena dop
Ciauscolo IGP, identità di una piccola area appenninica

Ciauscolo IGP, identità di una piccola area appenninica

 

La principale caratteristica merceologica che contraddistingue il “Ciauscolo” IGP dagli altri insaccati, è la sua morbidezzaspalmabilità. Questi attributi vengono ottenuti dalla particolare composizione dell’impasto di carne, dalla percentuale di grasso, dalla macinatura fine, dalle specifiche tecniche di lavorazione e dall’ambiente. Il territorio marchigiano e le condizioni climatiche peculiari per la produzione del Ciauscolo IGP, sono strettamente legate alla presenza della catena appenninica umbro-marchigiana ad occidente e dal mare Adriatico ad oriente. Nel mezzo, le vette mentre raggiungono il mare si appiattiscono dolcemente, creando un paesaggio collinare.

In origine era il ciauscolo

Il termine “ciaùscolo” e “ciavuscolo”, sembra derivi da “ciabusculum” di origine romana. Secondo la tradizione contadina, il ciauscolo veniva consumato a piccole dosi come spuntino tra la colazione e il pranzo, e tra il pranzo e la cena. Le tecniche e metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura, consolidate nel passato e tramandate come tradizione, sono il frutto della manualità e dell’artigianalità legate ai fattori pedoclimatici dell’area, che consente al Ciauscolo IGP di differenziarsi con grande reputazione dagli altri insaccati. I racconti dei nonni ai nipoti, le usanze, le memorie, tengono viva la tradizionale macellazione e lavorazione domestica del maiale, che sono sempre stati momenti di grande festa, convivialità e socializzazione tra le famiglie.

pista marchigiana
Tradizionale mattazione del maiale

Oggi è il Ciauscolo IGP

L’Indicazione Geografica Protetta “Ciauscolo”, è riservata al prodotto di salumeria che isponde alle condizioni e ai requisiti disposti dal Disciplinare di Produzione. Il Ciauscolo IGP è un prodotto della lavorazione del suino pesante, costituito da tagli di carne suina (pancetta massimo 70%, spalla massimo 40%, rifilature di prosciutto e di lonza massimo 30%), addizionato di alcuni ingredienti, macinato finemente, insaccato e stagionato. Per il consumo e l’immissione nel mercato il Ciauscolo IGP deve rispettare alcune caratteristiche dettate dal Disciplinare. Inoltre,  deve emanare l’inconfondibile profumo delicato, aromatico, tipico, deciso e speziato, con un gusto sapido e delicato, mai acido.

IGP – Indicazione Geografica Protetta

Il marchio IGP comporta che la zona di produzione del ciauscolo appartenga ai comuni delle provincie di Ancona, Macerata e Ascoli Piceno. Ogni fase del processo produttivo deve essere documentata, in modo da dare l’opportunità alle Autorità di controllo di verificare l’effettiva origine delle materie prime e il rispetto dei requisiti previsti dal Disciplinare di Produzione.

Fasi della produzione

La procedura parte dalla scelta della razza del suino, passa per la sua alimentazione, l’età di macellazione ed arriva alle fasi di lavorazione della carne, la “pista” (macinatura, lavorazione dell’impasto, insaccatura, legatura, asciugatura e stagionatura). I diversi tagli della carne vengono macinati con il “tritacarne” evitando di riscaldare il prodotto. Devono essere fatti due o tre passaggi fino ad ottenere una sorta di crema. Alla carne vengono aggiunti gli ingredienti tradizionali, sale, pepe nero macinato, vino e aglio pestato, e viene impastata a mano o a macchina. 

lavorazione ciauscolo

Una volta lasciata riposare in ambiente refrigerato, il prodotto viene insaccato in budello naturale di maiale o bovino, prima lavato e disinfettato in acqua tiepida, vino o aceto. Il budello man mano che viene riempito di carne viene bucato con la “piccarella” per evitare la formazione di bolle d’aria. Con lo spago le estremità dell’insaccato vengono legate, e viene appeso a mezz’aria su apposite strutture, le “pertiche”, per sottoporlo a preliminare asciugatura (4-7 giorni).  Segue l’asciugature ed infine la stagionatura. E’ la fase cruciale della produzione del Ciauscolo. Deve durare minimo 15 giorni e deve avvenire in locali alla temperatura fra 8°C e 18°C, e l’umidità fra il 60% e 85%. Al termine del periodo il Ciauscolo viene esaminato per verificare l’idoneità al marchio IGP e venduto come Ciauscolo IGP.

Il consorzio di tutela non è stato ancora fondato anche se ci sono novità all’orizzonte. Lo scorso marzo 2022, la richiesta avanza dall’Università di Camerino di diventare la sede del consorzio di tutela del Ciauscolo IGP è stata accettata. Pertanto questo accordo porterà alla valorizzazione e alla promozione dell’eccellenza marchigiana, il Ciauscolo IGP.

VOSTRA MAESTA’ I VINCISGRASSI

VOSTRA MAESTA’ I VINCISGRASSI

 

Servono almeno 7/8 strati visibili di pasta all’uovo, besciamella e sugo rosso di carne

La Storia dei Vincisgrassi

Era il 1891, quando gli allora chiamati Vigras fecero la prima apparizione scritta nella raccolta di ricette Il cuoco perfetto marchigiano. Quella stessa ricetta era stata ritrovata in un ricettario anonimo stampato 30 anni prima presso la tipografia di Pacifico De Rossi a Loreto, Il cuoco delle Marche, e quella stessa versione, sistemata nel capitolo Dei timballi, sembra sia la più riconducibile al piatto ideato da Antonio Nebbia all’interno del settecentesco Cuoco maceratese.

«Imbutirrare una “casseruola”, posizionare sul fondo una “stella di fette di prosciutto”, spolverizzarla di pane grattato e rivestirla con lasagne di “sfoglia come quella dei tagliolini” (identico precetto del Nebbia) fino ai bordi. Iniziare gli strati con parmigiano grattugiato, “ragù d’animelle e tartufi” (erano prosciutto e tartufi nella prima versione del Nebbia), “pezzetti di butirro fresco”, spezie varie pregiate (“cannella fina, pepe schiacciato, e noce moscata”) e besciamella (chiamata all’ora “balsamella”). Cottura al forno e rovesciato sul piatto da portata», era la versione dei Vigras di Antonio Nebbia.

Fu poi il cuoco Cesare Tirabasso di Montappone che, nel 1927 con La guida in cucina. Cinquecentotre ricette marchigiane e nazionale, alleggerì e rivisitò in chiave moderna le attuali ricette marchigiane, tra cui la versione più povera del timballo.

«ricoprire un “piatto rotondo” con una pastella di acqua e farina, “colorita poscia con tuorli d’uovo” (simile al Nebbia) su cui si versa la “sfoglia come quella dei maccheroni” tagliata “in tanti pezzi larghi due dita e lunghi uno”, con un condimento di salsa di animelle, parmigiano, cannella e burro».

La tenacia della tradizione ha permesso di mantenere pressoché uguale la ricetta degli attuali Vincisgrassi a quella del suo prozio Vigras. Con la stessa risolutezza con cui i Vincisgrassi sono rimasti nelle case dei marchigiani e con cui sono stati tramandati nella cultura da generazione in generazione, oggi con fierezza possiamo dire che quegli stessi Vincisgrassi fanno ufficialmente parte delle eccellenze italiane.

I progressi della tradizione

Oggi i nostri Vincisgrassi alla maceratese sono riconosciuti in Europa come Specialità Tradizionale Garantita STG, hanno un disciplinare di produzione ed insieme al Ciauscolo IGP, al Prosciutto di Carpegna DOP, alla Vernaccia di Serrapetrona DOP, contraddistinguono le Marche in Italia e in Europa. 

Disciplinare di una Specialità Tradizionale Garantita «Vincisgrassi alla maceratese»

Vincisgrassi STG

La motivazione della registrazione è riferita proprio alle nostre radici, «dalla ricerca storica si evidenzia l’uso tradizionale degli ingredienti specifici nella provincia di Macerata» […] «I Vincisgrassi alla maceratese sono una primo piatto gratinato ottenuto da tre preparazioni base: la pasta all’uovo fresca, il sugo di condimento con frattaglie e la besciamella, a cui viene aggiunto del formaggio grattugiato Parmigiano DOP o Grana Padano DOP». 

Nel sito del MIPAAF (Ministero delle Polotiche Agricole Alimentari e Forestali) è reperibile la proposta di registrazione approvata dalla Commissione europea e siamo in attesa della creazione della pagina dedicata ai Vincisgrassi alla maceratese e dell’uscita in Gazzetta Ufficiale del disciplinare definitivo.

Di seguito il link del portale delle Denominazioni italiane DOP, IGP, STG, dove restare sempre aggiornati sui prodotti di qualità.

https://dopigp.politicheagricole.it/

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