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Casciotta d’Urbino DOP, la magia inizia dal latte

Casciotta d’Urbino DOP, la magia inizia dal latte

 

La Casciotta d’Urbino nasce con l’attività della pastorizia nel territorio di Pesaro e Urbino. Durante la stagione primaverile ed estiva, i pastori scendevano dalle montagne appenniniche portando al pascolo gli animali verso valle. Trasformare latte in formaggio, rappresentava il compromesso perfetto tra l’assunzione dei valori nutrizionali e la conservabilità del latte durante i lunghi periodi della transumanza. Il compito della caseificazione era riservato alle donne, specialmente le nonne, che con maestria e molta cura provvedevano alla preparazione delle “casciotte”.

La casciotta d’Urbino

A Urbino da sempre si trovano le “Casciotte”, piccole forme di formaggio da consumare fresche, dopo una stagionatura a 15 a 30 giorni. Con l’inserimento nell’elenco delle Denominazioni di Origine Protetta nel 1996 e la recente modifica nel 2020, la denominazione “Casciotta d’Urbino”, è riservata al formaggio che risponde alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal Disciplinare di produzione. Molto importante è il legame con il territorio. La zona di provenienza del latte, di produzione e stagionatura del formaggio “Casciotta d’Urbino” DOP comprende l’intero territorio della provincia di Pesaro e Urbino e comuni nella provincia di Rimini (Novafeltria, Talamello, Sant’Agata Feltria, Casteldelci, Maiolo, San Leo, Pennabilli).

Caratteristiche del prodotto

Per poter essere immessa nel mercato e quindi consumata, la “Casciotta d’Urbino” DOP deve presentare le seguenti caratteristiche:

  • forma cilindrica con facce arrotondate;
  • diametro della forma compresa fra 12 e 16 cm, altezza fra 5 e 9 cm e peso fra 800 e 1200 g;
  • crosta sottile di spessore pari a circa 1 mm, di colore paglierino al termine della maturazione, non edibile e possibile trattamento con additivi consentiti; 
  • consistenza della pasta tenera e friabile con lieve occhiatura, di colore bianco – paglierino;
  • sapore dolce ed influenzato dalle particolari procedure di produzione;
  • percentuale di grasso sulla sostanza secca non deve essere inferiore al 45%.

Metodo di produzione

Al fine di garantire la prova dell’origine, il produttore ha l’obbligo di documentare ogni fase del processo, dal reperimento del latte alle fasi lavorazioni, e presentarle all’Autorità di controllo competente in materia di controlli di conformità ai requisiti igienico-sanitari e di rispetto del disciplinare di produzione. 

La magia inizia con la giusta calibrazione del latte. La Casciotta d’Urbino DOP è prodotta con latte di pecora intero in misura variabile fra il 70 e l’80 % e con latte di vacca intero per il restante 20-30%, esclusivamente provenienti da allevamenti situati nelle zone riportate dal disciplinare. Gli elementi di connessione tra la materia prima, prodotto finito e territorio, sono rappresentati dalla gestione dell’allevamento e dall’alimentazione degli animali.

Il latte di pecora e di vacca, crudo o pastorizzato, viene sottoposto a cagliatura (coagulazione) alla temperatura di circa 35°C, con caglio liquido o in polvere. La cagliata è inserita in stampi per favorire lo spurgo del siero e dare la classica forma al formaggio. 

cagliata casciotta urbino
Cagliatura a 35°C del latte ovino e di vacca

Dopo un periodo stabilito dal mastro casaro, le forme proseguono con la salatura, a secco o in salamoia, per favorire l’asciugatura e preparare il prodotto alla stagionatura. 

produzione casciotta urbino
Preparazione forme di Casciotta per la stagionatura

La maturazione delle forme viene raggiunta tra 15 e 30 giorni, in ambiente a temperatura e umidità controllata (temperatura 8-14°C, umidità 80-90%), in relazione alle dimensioni delle forme.

Riconoscere dall’etichetta la Casciotta d’Urbino

dop casciotta urbino

Quando si vuole acquistare la vera e propria “Casciotta d’Urbino” DOP, la sola arma di noi consumatori è cercare il formaggio con il logo del consorzio di tutela e il marchio di origine riportati qui sopra. E’ la nostra garanzia che quel formaggio è stato prodotto da produttori che amano il loro territorio e rispettano la tradizione tramandata e trasferita nel Disciplinare di Produzione. Le Autorità di controllo verificano l’operato dei produttori proprio a partire dal Disciplinare di produzione, prendendo provvedimenti qualora trovino scostamenti rispetto ai requisiti previsti.

Allegati

VOSTRA MAESTA’ I VINCISGRASSI

VOSTRA MAESTA’ I VINCISGRASSI

 

Servono almeno 7/8 strati visibili di pasta all’uovo, besciamella e sugo rosso di carne

La Storia dei Vincisgrassi

Era il 1891, quando gli allora chiamati Vigras fecero la prima apparizione scritta nella raccolta di ricette Il cuoco perfetto marchigiano. Quella stessa ricetta era stata ritrovata in un ricettario anonimo stampato 30 anni prima presso la tipografia di Pacifico De Rossi a Loreto, Il cuoco delle Marche, e quella stessa versione, sistemata nel capitolo Dei timballi, sembra sia la più riconducibile al piatto ideato da Antonio Nebbia all’interno del settecentesco Cuoco maceratese.

«Imbutirrare una “casseruola”, posizionare sul fondo una “stella di fette di prosciutto”, spolverizzarla di pane grattato e rivestirla con lasagne di “sfoglia come quella dei tagliolini” (identico precetto del Nebbia) fino ai bordi. Iniziare gli strati con parmigiano grattugiato, “ragù d’animelle e tartufi” (erano prosciutto e tartufi nella prima versione del Nebbia), “pezzetti di butirro fresco”, spezie varie pregiate (“cannella fina, pepe schiacciato, e noce moscata”) e besciamella (chiamata all’ora “balsamella”). Cottura al forno e rovesciato sul piatto da portata», era la versione dei Vigras di Antonio Nebbia.

Fu poi il cuoco Cesare Tirabasso di Montappone che, nel 1927 con La guida in cucina. Cinquecentotre ricette marchigiane e nazionale, alleggerì e rivisitò in chiave moderna le attuali ricette marchigiane, tra cui la versione più povera del timballo.

«ricoprire un “piatto rotondo” con una pastella di acqua e farina, “colorita poscia con tuorli d’uovo” (simile al Nebbia) su cui si versa la “sfoglia come quella dei maccheroni” tagliata “in tanti pezzi larghi due dita e lunghi uno”, con un condimento di salsa di animelle, parmigiano, cannella e burro».

La tenacia della tradizione ha permesso di mantenere pressoché uguale la ricetta degli attuali Vincisgrassi a quella del suo prozio Vigras. Con la stessa risolutezza con cui i Vincisgrassi sono rimasti nelle case dei marchigiani e con cui sono stati tramandati nella cultura da generazione in generazione, oggi con fierezza possiamo dire che quegli stessi Vincisgrassi fanno ufficialmente parte delle eccellenze italiane.

I progressi della tradizione

Oggi i nostri Vincisgrassi alla maceratese sono riconosciuti in Europa come Specialità Tradizionale Garantita STG, hanno un disciplinare di produzione ed insieme al Ciauscolo IGP, al Prosciutto di Carpegna DOP, alla Vernaccia di Serrapetrona DOP, contraddistinguono le Marche in Italia e in Europa. 

Disciplinare di una Specialità Tradizionale Garantita «Vincisgrassi alla maceratese»

Vincisgrassi STG

La motivazione della registrazione è riferita proprio alle nostre radici, «dalla ricerca storica si evidenzia l’uso tradizionale degli ingredienti specifici nella provincia di Macerata» […] «I Vincisgrassi alla maceratese sono una primo piatto gratinato ottenuto da tre preparazioni base: la pasta all’uovo fresca, il sugo di condimento con frattaglie e la besciamella, a cui viene aggiunto del formaggio grattugiato Parmigiano DOP o Grana Padano DOP». 

Nel sito del MIPAAF (Ministero delle Polotiche Agricole Alimentari e Forestali) è reperibile la proposta di registrazione approvata dalla Commissione europea e siamo in attesa della creazione della pagina dedicata ai Vincisgrassi alla maceratese e dell’uscita in Gazzetta Ufficiale del disciplinare definitivo.

Di seguito il link del portale delle Denominazioni italiane DOP, IGP, STG, dove restare sempre aggiornati sui prodotti di qualità.

https://dopigp.politicheagricole.it/

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